Francois Mattieu
Isole Canarie - Santa Cruz di Tenerife - Los Cristianos - Ottobre 1995
Si può accettare come sintesi di ricerca permanente sull'espressione pittorica la frase del Cezanne del 1904: "Ogni cosa nella natura può essere ridotta al cilindro e al cono". Personalmente riconosco in questa affermazione la fonte più limpida e manifesta di una concezione nuova della pittura, direttamente introduttiva alla pittura moderna, astrattismo puro escluso e solo per la sua espressione quasi immediata e in ogni caso la pittura. esplosiva e la pittura rumorosa: il Cubismo.
Se un giorno si dovesse ricollegare Fernando Graziano agli antecedenti diretti della sua pittura, in una storia della pittura italiana del 900, e' a un quadro di Picasso, "Les Demoiselles d'Avynio" (Carrer di Barcellona), diventato per ignoranza "Les demoiselles d'Avignon", che si dovrebbe risalire; anche e il nostro non trae ispirazione da nessuno. Invero ci sono dei geni atavici che percorrono tutta la storia dell'arte e, di tempo in tempo, riaffiorano per dare forma a un'ispirazione creatrice originale.
Si dovrebbe aggiungere subito che Fernando Graziano bracca realmente le figure e gli oggetti ma senza mai polverizzarli, senza mai togliere loro lo spazio colorato della loro propria personalità.
Non c'e in lui, come nei Cubisti, una critica deliberata dalla ragione, ma piuttosto un sogno a occhi aperti in cui dei fantasmi di storia s'appostano e scoprono parte del loro mistero; e "l'incoerenza del sogno o quella di un racconto sospeso a meta" per dirla come Antonina Vallentin: e' la magia del pittore. Certo se l'arte del nostro pittore è di matrice internazionale, l'espressione pittorica matrice cubista, a lui familiare è tipicamente italiana, e nelle sue scelte formali ci rimanda alla pittura metafisica del Carrà, del De Chirico e del Morandi. Occorre però prendere le distanze dai grandi esempi della pittura metafisica: se i Metafisici hanno recuperato il colore e abbandonato la loro rabbia e violenza rivoluzionaria, ai Metafisici Graziano aggiunge la selenita e li introduce nella quotidianità
Non troveremo mai nella sua pittura questa noia snob, questa melanconica borghese alla quale non scappa sempre Giorgio De Chirico per esempio, con il suo mondo di statue spaesate che vivono il loro sogno di pietra, specie di campioni di storia pietrificati sotto la luna. Alla eterogeneità delle culture semplicemente accostate, Fernando sostituisce l’ unità della vita in una molteplicità di situazioni semplici lette in contesti storici diversi.
Ma è vero certo che, come nei Metafisici, gli organi di senso, particolarmente gli occhi ( però che cosa erano diventati per i Cubisti?), spariscono; o più esattamente nella forza interiore delle forme semplificate, alcune sottolineate, privilegiate, altre appena accennate, che però vivevano all’ occhio attento o all’ animo in ascolto il messaggio di una vita che l’ istante raccoglie, decodifica!
Davanti a noi il quadro crea ogni volta la sua propria attualità, ma in Graziano questo avviene senza che una concessione più intellettuale che visiva alteri il quadro. Rifiutandosi alla freddezza del puro intelletto, scoglio permanente dei Metafisici, Fernando ci apre alla profondità dei sensi spirituali ed a una percezione mistica dell’ esistenza.
In lui, calmo, sereno, solare, il sentimento trasuda da ogni punto della tela. Non incontriamo contrasti violenti, brutalità di tocco; nessun lirismo: è l'anima pacifica del tempo che invade gli esseri l'abitano.
Non vediamo manichini o automi ma delle persone vive, degli oggetti animati, ognuno proposto senza alcun narcisismo; tanto che, per illustrare questo mondo dei "manichini" di Graziano, di oggetti insoliti, rimanderei piuttosto alla serie di disegni "Le bizzarrie" del Bracelli (1624 -1649), mirabilmente analizzati da Tzara, dove l'umorismo esercitato sulle forme, cui il corpo umano e' sempre percorso e invaso dai sentimenti. E' la stessa sensibilità, tradotta in questo tocco di surrealismo, che e' espressa spesso nei quadri di Graziano. Per concludere questa breve e manifestamente lacunare presentazione, sottolineerò che Graziano ha scelto una materia pitturale tutta sua che rammenta l'affresco.
E' l'essenziale ricordo di quanto si pur risentire dopo una vista alla Cappella degli Scrovegni, o di quanto rimane del Mantegna nella Chiesa degli Eremitani, o di una giornata a Ravenna, ricordo tradotto con risorgive in un quadro fissando un momento della vita, come per incantesimo, ma per l'eternità.
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