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Recensioni

Lodovico Gierut

Marina di Pietrasanta (Lucca) - Luglio 2003

Le immagini-racconto di Fernando Graziano, definiscono con autorevolezza ed autonomia, un coerente viaggio pittorico tramite il quale si rivela, e si svela, il cosiddetto gusto del ‘quotidiano’. Un ‘quotidiano’ che appartiene a quell’autografia così ben apprezzata dallo stesso eterogeneo pubblico il quale, col tempo, è il miglior critico e il meno partigiano. L’artista veneto, ci offre dunque l’opportunità di gustare in pieno la liricità di cui sono ricchi i gesti, i segni, le attese di un giorno cui segue l’altro e un altro ancora, messa in essere con una compostezza e una linearità, che ne definiscono in pieno la personalità. Non cerca l’eclatante, Fernando Graziano, ma riesce – col suo linguaggio pittorico – a coinvolgere lo spettatore, che si delizia per un’armonia complessiva, in cui l’Uomo è se stesso, recitando sempre quella parte che gli compete, sulla scena d’un riquadro equilibrato nel linguaggio di forme e di colori. Dove ci conduce Graziano? Ce lo chiediamo osservandone le tele che paiono affreschi di un antico Maestro, portati in essere da quel ‘reale’ collegato al nostro tempo, fatto di gesti abitudinari e consueti, sovente automatici, e pure di pensieri e di introspezioni, che spalancano una porta oltre la quale su uno specchio mai deformante o deformato, l’artista dice di sé, e degli altri. La solitudine, il luogo del meditato, fa parte integrante del suo racconto per immagini che accoglie noi, viandanti talvolta smarriti in una società dove si è sempre più oggetti e meno persone, e ... proprio grazie a lui, alla sua funzione d’artista, ripercorriamo quasi una tappa della nostra esistenza. La sua pittura è particolarmente felice sia nella stesura del colore, sia nella definizione grafica, e così l’immagine dell’Uomo pensieroso, della ragazza che svolge le carte dell’accadimento, delle due figure che paiono cercare (o ritrovare) un orizzonte lontano – temi che ha affrontato nel corso degli anni – ci accompagnano lungo un percorso che possiamo fare (o rifare) nostro, come un’entità positiva e riequilibratrice. Passo dopo passo, Graziano ha saputo tessere un dialogo pure con quegli ‘addetti ai lavori’ che sono indubbiamente necessari nel campo di competenza, e perciò fa piacere, consultando il suo iter professionale, annotare perlomeno taluni interventi d’un ‘fare arte’ che tra l’altro è una proiezione, una riflessione sull’Uomo e sul Contemporaneo. Francis Jacques Mathieu parla di un “sentimento” che “trasuda da ogni punto della tela”; Italo Marucci afferma che “l’opera di Fernando è anche frutto di un deciso processo mentale e di un meticoloso uso del colore”; Monica Lazzaretto afferma che “spesso accade” (...) “che il suo uomo senza volto paradossalmente mi fissi e mi inviti al silenzio, quasi a suggerirmi che la creatività e l’emozione estetica hanno sempre una sfumatura in più che le nostre parole non sanno tradurre”. Le analisi di Renato Lamperini, di Michele Cappellesso, di Lucio Favaron e di Justin Cooper – ma i nomi potrebbero essere molteplici – indicano poi, in modo più o meno accentuato, quella serietà, quella coerenza d’artista, che troviamo proprio qui, a Barga .


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