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Recensioni

Prof. Vincenza Baratella

La metafisica di Fernando Graziano

« Nihil est in intellectu quod prius non fuerit in sensu ». Eppure c’è una conoscenza che non ha bisogno dell’esperienza sensibile.                                                                                               

E’ una cognizione intangibile,individuale; è nozione sull’essere in quanto essere e come tale difficilmente condivisibile con l’universalità del sapere. Oltre la fisica inizia il viaggio irrazionale,spontaneo, poetico…del cuore e dell’arte. Fernando Graziano rende partecipe lo spettatore ad una singolare promenade, che dà continuità all’interpretazione metafisica di Giorgio De Chirico.                                                                                                         

Ognuno è protagonista diretto o indiretto del viaggio. Il cammino per l’identificazione di unicità esistenziale inizia dal ventre materno. Ed è un percorso non senza traumi. Gli ostacoli sono in itinere. A volte per le paure dell’incognito si delegano altri a compiere l’esperienza sensibile, magari è solo per non deturpare l’idea preconcetta.                                             

Ulisse naviga nel Mediterraneo usando sovente la ciurma come cavia: alcuni marinai sono vittime del ciclope, di Circe, di Scilla e Cariddi. Il protagonista, l’artefice, l’artista continua il viaggio anche fino alla spiaggia del Purgatorio, ove non può accedere lo scibile umano. Fernando Graziano crea omuncoli, elfi, fantasmi, frenetici nel loro incessante tramestio di lavoro. Sono creature che percorrono il limite oltre il razionale: sono senza volto, non sono “manichini”. Indossano una calzamaglia rossa e un copricapo a cono, indubbiamente retaggio dell’abbigliamento del mago. Sono le essenze della metafisica: contraddittori, puri e sognatori, mefistofelici e dispettosi. Sono in ogni angolo della casa; si nascondono nella biblioteca dietro i libri; girovagano tra i quadri nello studio; spiano le azioni degli umani ed in molti casi ne prendono pure il posto. Sono gli “alter ego” degli animi sensibili.                                           

Gli artisti sono i deleganti. Pure l’artista padovano è restio a mostrarsi; evita di palesare l’identità. Anch’egli è cantore ermetico di un’universalità umana indistinta nella condizione della sofferenza. Non è comunque pessimista esacerbato perché ripropone, a mo di fiaba, il superamento di ciò che nella quotidianità fa male.                                                                     

I suoi personaggi, seppure senza fisiognomica, hanno tolto il sudario di Magritte. Questi, con irriverente bombetta, davanti “il sipario” è spettatore alla recita degli altri, consapevole altresì che mani di demiurgo tirano le fila ed accordano i musicanti.                                              

Graziano sa bene che nel gioco delle parti, c’è in ogni caso “il burattinaio” il quale dirige attori e spettatori. Sul palcoscenico va in scena l’uno e nessuno; i centomila con l’hegeliana testa di legno leggono lo spartito di routine con le contraddizioni, con i vizi, con le virtù, con le sofferenze.                                                                                                                                 
M
agritte, assieme ad una moltitudine di suoi replicanti, scende dal cielo paracadutandosi con un ombrello; Graziano, ballando su di un lungo percorso a zigzag, sotto una pioggia di foglie verdi, apre l’ombrello a una ventata di lirismo.                                                                                    

E’ una pittura essenziale, senza fronzoli come le sue tinte, tendenzialmente fredde: omogenee e decise, cariche di luci ed ombre. I cieli sono estatici, cerulei, senza nubi, le prospettive pronunciate con decise linee d’orizzonte. Gli interni contengono arredi necessari per trattenere le nostre esistenze, per rilevare che siamo “ancora insieme”, meditabondi, assorti, rammaricati, con l’acredine per le sconfitte, tuttavia speranzosi nel futuro, sotto vessilli di serenità,

nel partecipare al “corteo” degli uomini e degli ideali. Domani, per incanto, a pochi passi dal Santo, andremo pescare nella ciotola che conserva i ricordi dell’oggi.

 



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