Prof.ssa Monica Lazzaretto
Sillico (Lucca) - Maggio 1993
"Gli uomini di genio,allorquando vogliono guardare profondamente entro questo mondo,devono sporgersi come prigionieri alle sbarre della finestra alta, affannarsi, affaticarsi e mettere grandemente in moto tutti i complicati ingranaggi del pensiero e della fantasia". La pittura di Nando può richiamare alla mente questa riflessione che Giorgio de Chirico fece in "Il meccanismo del pensiero" tentando di spiegare la tensione estetica che genera la creazione artistica.
E non e' un caso se il corredo linguistico di questo pittore padovano sembra formarsi all'ombra di questo grande genio dell'avanguardia del novecento e del movimento pittorico del quale fu iniziatore:la Metafisica. La pittura di Nando infatti si affaccia tutta alla "finestra alta", oggetto della sua ricerca è ciò che anima la realtà più profonda, accessibile solo a pochi iniziati. I fantasmi del suo pensiero e della sua fantasia prendono forma nei suoi tipici manichini o uomini senza volto, personaggi misteriosi, unici abitanti di un mondo "altro" che esiste al di là della finestra e delle sue sbarre.
Le sue figure raccontano una storia enigmatica e impenetrabile e tessono tra di loro muti rapporti in un'ambientazione certo meno celebrale di quella
dechirichiana ma che risulta comunque lontana sospesa. Non è dato sapere di più. si può solo interpretare, e tentare di cogliere e decifrare simboli e segni nascosti, segnali che spesso condensano un significato ermetico.
Le tele di questo pittore presentano un'ambientazione quasi surreale: le prospettive hanno la capacità di strutturare perfettamente lo spazio del dipinto secondo un ordine percettivo spesso impeccabile ma spaesante. La realtà presentata sembra essere in bilico: l'insicurezza di chi osserva questi dipinti è aumentata dalla presenza di diagonali azzardate, contrapposizioni severe di spazi aperti e chiusi, scorci spesso incorniciati da finestre o da "quadri nel quadro" posti su un cavalletto che aprono e rinviano a nuovi ulteriori "sfondamenti" nel dipinto.
Nando dimostra poi di essere molto attento al "fare" pittorico, in alcuni quadri infatti il soggetto vero del suo dipinto risulta essere la pittura stessa intesa come ritrovata maestria. In queste opere viene così affermato il primato del mezzo artistico attraverso una continua sperimentazione di materiali nuovi: cementite, graffiato, vernici e polveri dorate. Solitamente si tratta di materiali poveri, artigianali che sulla tela permettono a Nando di ottenere effetti cromatici e materici di indubbio interesse che premiano la sua raffinata ricerca della corretta gradazione luminosa e del giusto tono cromatico.
Scorci e piani obliqui spaesanti, colore pastellato spesso, una luminosità diafana e velata, fanno da scenario, e ben si accordano, con il protagonista solitario delle tele di questo pittore: il suo uomo senza volto. Questo manichino a volte veste i panni del pittore stesso, a volte quelli del vate moderno e sembra aver stretto un compromesso con il mondo; oracolo colto nel momento silenzioso dell'ascolto, sembra quasi disposto a svelare i segreti profondi dell'esistere, in procinto di dare la risposta tanto attesa e risolutrice.
Questo uomo senza volto si rivela così carico di promesse per la vita, di possibilità aperte e accessibili non solo agli dei e agli eroi di mitica memoria ma anche, e semplicemente, agli uomini.
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